I valori aziendali dovrebbero funzionare da stella polare per orientare il comportamento di tutti i dipendenti e fornire principi di comportamento anche in situazioni critiche. Eppure, se consideriamo alcuni recenti scandali internazionali (Volkswagen, Wells Fargo, Boeing, Barclays..), ne dobbiamo concludere che i valori dichiarati hanno avuto scarso impatto sul comportamento quotidiano di dipendenti e di c-suite.
Poco tempo fa, in un telegiornale sono passate queste parole, dette da un dipendente vittima di una grave ristrutturazione aziendale: “Ci hanno sempre detto che questa azienda tiene alle persone e in 4 minuti ci hanno comunicato che chiudono la sede”. Questa breve dichiarazione smaschera la debolezza dei valori corporate dichiarati, mettendo a rischio serietà e reputazione di impresa.
Il portato valoriale d’impresa trova infatti un suo cruciale punto di verifica soprattutto quando è necessario comunicare notizie negative (trasferimenti, licenziamenti, riorganizzazioni); nel caso citato i valori aziendali dichiarati non avrebbero guidato la forma della comunicazione.
Le dichiarazioni dei valori aziendali contano davvero?
Una recente ricerca americana su 700 aziende rivela un divario tra i valori ufficiali predicati dai leader e l’operato quotidiano all’interno delle organizzazioni: sembra che ‘companies don’t walk the talk’, cioè non fanno quello che dicono. I valori fondamentali di un’azienda servono a cogliere la sua identità unica, l’essenza duratura che la distingue dai concorrenti e che costituisce l’elemento critico del suo successo.
È abbastanza ovvio che solo quando le funzioni apicali incarnano in modo concreto e genuino la cultura d’impresa, anche il resto dei collaboratori è facilitato ad incorporare i valori aziendali nella specifica operatività quotidiana. Tra gli effetti di questa sintonia ci sono l’aumento di fiducia da parte dei vari stakeholder, il rafforzamento del l’employer branding (50% del pubblico ha infatti fiducia nelle informazioni che provengono dall’interno, soprattutto dai dipendenti con profilo tecnico) e – in una parola – l’arricchimento del brand equity aziendale.
Scaricare a terra il potenziale dei valori
Non bastano però gli slogan; è necessario tradurre valori che possono suonare un po’ astratti in linee-guida di comportamento specifiche per l’azienda. Il caso di Alaska Airlines è esemplificativo: avendo tra i suoi valori aziendali il principio ‘we are all about people’ l’azienda lo ha tradotto in puntuali work instruction del tipo: “engage with kindness” e “offer assistance”, per i suoi impiegati in prima linea coi passeggeri.
È abbastanza raro trovare sui siti, accanto alle pagine con elementi di cultura aziendale, anche la spiegazione di come questi valori aiutano le organizzazioni ad avere successo. Dal punto di vista dell’Employer Branding si tratta di una vulnerabilità non indifferente. In questi tempi di coatta diffusione del lavoro da remoto, le culture aziendali più deboli sono ulteriormente messe alla prova; eppure sarebbe questa l’occasione propizia per riconsiderare i propri intangible assets e misurare l’allineamento dei valori dichiarati con la loro efficacia operativa.
LoPBrand ha sviluppato uno strumento proprietario, TYBe, per misurare i punti di forza e di debolezza di un brand, vale a dire le sue soft skills, che possono promuovere o ostacolare qualsiasi trasformazione aziendale. Diventare consapevoli dello “stato di salute” interno del brand è il primo passo per qualsiasi strategia solida.
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